sabato 7 novembre 2009



GASTRONOMIA CROTONESE

La tradizione culinaria del crotonese basa su alimenti dal sapore robusto, con l’uso frequente di peperoncino piccante e di prodotti spontanei come finocchio aromatico, cipolline selvatiche, cicoria, asparagi etc. Una delle sue peculiarità è “la provvista”, cioè l’uso di preparare in casa particolari conserve che dovevano essere usate durante tutto l’anno. Un’economia domestica di questo genere si può spiegare alla luce delle svantaggiate condizioni socio-economiche nelle quali versava la gente del nostro paese fino a 30 anni fa. I nostri anziani ricordano con enfasi il rito della “mailatura” che avveniva una volta l’anno ed era uno dei momenti di massima partecipazione familiare, coinvolgendo finanche amici e conoscenti. Questo rito offriva la possibilità a chi vi partecipava di affrancarsi dalle vicissitudini giornaliere. Era l’occasione per fare festa nel vero senso della parola, con riti e tradizioni che affondano nella sana civiltà contadina; infatti una delle tante manifestazioni che facevano parte di questo rito era la distribuzione della cosiddetta “parte”, che consisteva nell’offrire a parenti e a vicini un po’ di pancetta, del fegato e una fettina di filetto con l’osso. Il significato di questo rito era quello di voler dividere con gli altri l’abbondanza che “la provvidenza” elargiva in quei giorni di festa. Durante la lavorazione della carne di maiale, niente veniva lasciato al caso, niente era trascurato e menchémeno l’utilizzazione delle parti più povere dell’animale. Proprio le parti meno nobili andavano ad arricchire la dispensa con alimenti che hanno sfamato e deliziato, intere generazioni e che costituiscono il patrimonio gastronomico più caratteristico del nostro paese.

Ricette tipiche del luogo e modalità di preparazione
“A ndujjia”

Questo termine stava ad indicare nel dialetto rocchitano “un niente”, cioè un alimento che non aveva nessun valore qualitativo poiché veniva ricavata dagli scarti del maiale. Si preparava raccogliendo i residui delle interiora e della carne del maiale, amalgamando il tutto con del pepe rosso macinato e sale. L’impasto veniva poi insaccato in un grosso intestino dello stesso maiale e messo a stagionare in luogo asciutto per un lungo periodo.

“A gnelatina”

La gelatina di maiale veniva preparata con la testa, la trippa, la coda, le zampe, le cotenne del maiale, e con l’aggiunta di qualche pezzo di carne magra; il tutto si faceva bollire dopo un’accurata pulizia. Nel frattempo, in un grosso pentolone, si metteva a bollire dell’aceto con pepe rosso, aglio, alloro e poi si aggiungevano le parti del maiale precedentemente cotte e tagliate a pezzetti. Terminate queste operazioni “a gnelatina” si lasciava raffreddare ed assumeva un aspetto gelatinoso.

"La carne salata"

Costole e pancetta magra di maiale vengono passate nel sale e poi messi a strati in un "salaturu" (recipiente di terracotta). La carne si consuma cotta, insieme a verdure, legumi o sugo di pomodoro, di solito dopo diversi mesi.

"Peperoni e Pomodori Verdi salati"

Questi ortaggi vengono raccolti e lasciati riposare per 12 o 24 ore, dopodiché vengono tagliati in due e disposti a strati in un "salaturu" ( recipiente di terracotta) ricoperti con sale e finocchio selvatico. Si consumano fritti.

"Pomodori secchi sott’olio"

Per la preparazione di questo gustosissimo piatto, servono pomodori ben maturi e molto grossi, da tagliare in due, cospargere con sale, e lasciare essiccare al cocente sole d’agosto per un paio di giorni. Quando i pomodori sono ben asciutti, si adagiano nei barattoli formando diversi strati di pomodori alternati con aglio, semi di finocchio, peperoncini rossi spezzettati, il tutto si copre con abbondante olio.

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